Audio: ascolta la storia in lingua albanese
Sul fiume Buna e sulla città di Scutari, in Albania, si innalza l’antichissima fortezza di Rozafat. Le storie sulle sue origini si perdono in tempi leggendari. Una leggenda, bella e triste, racconta la nascita di questa costruzione.
La nebbia ricopriva il fiume Buna da tre giorni e tre notti. Infine giunse un vento leggero che la disperse, spingendola verso la collina Valdanuz. Sulla cima della collina c’erano tre fratelli impegnati nella costruzione di una fortezza. Ma ogni notte il muro che era stato edificato durante il giorno rovinava al suolo e il lavoro era sempre allo stesso punto.
Un giorno passò lì vicino un vecchio uomo.
- Buon lavoro, ragazzi.
- Grazie, signore. Però il nostro lavoro non è buono. Ogni giorno lavoriamo e ogni notte tutto il lavoro va a rotoli. Cosa ci puoi consigliare? Come possiamo fare perché il muro resti in piedi?
- Io ho una soluzione, disse il vecchio uomo, ma non farei una buona azione a dirvela, farei un peccato.
- Siamo pronti a commettere anche noi questo peccato, purché questa fortezza resti in piedi.
Il vecchio ci pensò un po’ su e infine chiese:
- Siete tutti e tre sposati, giovani uomini?
- Sì. Siamo sposati, risposero, abbiamo moglie tutti e tre. E che cosa dobbiamo fare per far restare in piedi questa fortezza?
- Dovete fare un giuramento che vi leghi assieme, ma senza rivelare niente alle vostre spose di quello che sto per dirvi. Quella tra loro tre che domani verrà fin qui per portarvi il pasto dovrà essere murata viva nella struttura della fortezza. Vedrete che il muro si rinforzerà e sarà forte per moltissimi anni.»
Questo disse il vecchio, andò via e nessuno lo vide più.
Ma il fratello maggiore tradì la parola data. Appena a casa raccontò tutto alla moglie, pregandola di non andare il giorno dopo a portare il cibo al cantiere. Anche il fratello mediano tradì la parola data e raccontò tutto alla moglie. Il minore, invece, mantenne la parola: una volta a casa non disse nulla alla sua sposa.
Il giorno dopo, come ogni mattina, i tre fratelli si alzarono di buon’ora per recarsi al lavoro. I martelli colpivano, le pietre si spezzavano, i cuori battevano, i muri si innalzavano.
Nel frattempo, a casa, la madre dei tre fratelli, ignara di tutto chiese alla moglie del figlio maggiore:
- Figlia mia, i lavoratori aspettano il pane e l’acqua; e aspettano la borraccia del vino.
La nuora maggiore rispose:
- Madre, credimi, non posso andare perché non mi sento bene.
La donna allora si rivolse alla moglie del figlio mediano:
- Figlia mia, i lavoratori aspettano il pane e l’acqua; e aspettano la borraccia del vino.
- Madre, credimi, non posso andare perché voglio andare a stare un po’ dalla mia famiglia.
La madre dei tre fratelli si rivolse quindi alla nuora più giovane:
- Figlia mia…
La giovane donna saltò su:
- Ditemi pure, madre!
- I lavoratori aspettano il pane e l’acqua; e aspettano la borraccia del vino.
- Madre, vado io; ma temo che il mio bambino, che è piccolo abbia fame e si metta a piangere.
Allora le due cognate dissero: Vai pure, sorella, pensiamo noi al tuo bambino penseremo noi, non lo lasceremo piangere. Stai tranquilla.
La sposa più giovane, la nuora buona, si alzò, prese pane e acqua, prese la borraccia col vino, baciò il figlio sulle guance e si incamminò. Arrivata a Kaze iniziò la salita della collina di Valdanuz e giunse presso il cantiere dove lavoravano il marito e i due cognati:
- Buon lavoro, mastri!
Ma… I martelli si fermarono senza battere più. Erano i cuori a battere forte. I volti impallidirono. Il fratello più giovane, vedendo la moglie, lasciò cadere il martello e maledisse la pietra e il muro.
- Che cos’hai, marito mio? Perché maledici la pietra e il muro?
Fu il fratello maggiore a parlare:
- Cognata mia, sei nata sfortunata. Dobbiamo murarti viva nelle mura della fortezza.
- Buona fortuna a voi, cognati. Vi prego solo di questo: quando mi murerete lasciate scoperto il mio occhio destro, lasciate scoperta la mia mano destra, lasciate scoperto il mio piede destro, lasciate scoperto il mio seno destro. Perché ho un figlio piccolo e quando piangerà lo vedrò con un occhio, lo accarezzerò con una mano, dondolerò la culla con un piede, lo allatterò e da un seno. Che il mio seno sia murato, che la fortezza sia costruita, che mio figlio diventi un prode, che venga un re e possa regnare!
I tre fratelli presero quindi la giovane donna e la murarono nelle fondamenta della fortezza. Le mura si alzarono, crebbero sempre più, senza più rovinare al suolo. Ma ai piedi della fortezza le mura sono ancora umide e ricoperte di muschio, perché continuano a scorrere le lacrime della madre per suo figlio...
E il figlio crebbe, andò in guerra, divenne un eroe.
Fine
UNA VOCE PER FERMIGNANO
è un progetto di Pietro Gaglianò
nell’ambito di
LA STORIA SIAMO NOI
a cura di Giovanni Gaggia e Pietro Gaglianò
per “Popoli in festa” 2023